Mastoplastica e interventi al seno – L’intervento chirurgico

Esistono svariate tecniche chirurgiche per l’impianto delle protesi mammarie, ciascuna con differenti indicazioni in relazione alla conformazione anatomica della paziente, all’età, al peso, alla morfologia del seno da trattare, e dalle condizioni generali del soggetto.
La procedura è svolta in anestesia generale (in alcuni casi locale) prevede una prima incisione chirurgica, a cui fa seguito una fase detta di inserzione, durante la quale il chirurgo si fa strada attraverso i tessuti cutanei e sottocutanei partendo da diversi distretti (ascellare, periareolare, ombelicale, trans-addominale o sottomammellare), fino a raggiungere il punto dove andrà poi posizionata la protesi stessa, e che può quindi essere, a seconda dei casi, posta sotto il muscolo pettorale (protesi sottopettorale, sottofasciale e sottomuscolare), o più esternamente sotto la ghiandola mammaria, a diretto contatto con la cute (protesi sottoghiandolare). Sebbene quest’ultima tipologia di procedura permetta i risultati esteticamente migliori, è anche correlata con un incremento del rischio per contrattura capsulare: una complicazione clinica che consiste in una risposta abnorme del sistema immunitario, che incapsulando la protesi in una rete di fibre di collagene, la “spreme” e la schiaccia provocando sofferenza nel paziente e deformandone l’aspetto esteriore, che risulta esteticamente distorto e sgradevole.

Prima del posizionamento della protesi vera e propria comunque, nella pratica chirurgica viene prima introdotto un espansore tissutale, ovvero un palloncino composto di un elastomero a superfice testurizzata (per meglio aderire ai tessuti circostanti), e provvisto di una valvola, attraverso il quale viene progressivamente riempito di soluzione salina fisiologica nell’arco di diversi mesi (circa 6), fino al raggiungimento della dimensione desiderata. Il posizionamento di questo espansore permette di avere tessuto con caratteristiche identiche a quello da riparare, sfruttando l’elasticità della pelle che si dilata progressivamente, dando forma ad una cavità all’interno della quale, una volta che i tessuti si saranno consolidati, andrà poi inserita la protesi. In alcuni casi può anche essere utilizzata un espansore tissutale permanente, detto protesi espansibile di Becker, che permette di evitare un secondo intervento di sostituzione con la protesi, più spesso utilizzato in chirurgia plastica ricostruttiva. Gli espansori tissutali sono provvisti di una doppia camera: una esterna contenente gel di silicone inespandibile, ed una interna espandibile con soluzione fisiologica.

A seguito dell’intervento, sono necessarie circa 24 ore di osservazione, utili anche al corretto drenaggio delle zone coinvolte. La paziente è poi normalmente dimessa dopo circa 5-10 giorni di ricovero, con una medicazione rigida leggermente compressiva, che viene generalmente rimossa ad una settimana dall’intervento. Le cicatrici post-operatorie normalmente scompaiono dopo circa 6 mesi, ma i pazienti sono incoraggiati a riprendere progressivamente le loro attività normali nei primi 15 giorni dalla dimissione ospedaliera.

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